I Mondiali del Qatar 2022 sono stati caratterizzati da gesti clamorosi in campo e sugli spalti, da proteste silenziose, da repressioni trasformate in simbolismo, manifestazioni di forte dissenso politico, internazionale e sociale.

Poco prima dell’avvio dei Mondiali  in Qatar, i giocatori della Francia avevano annunciato una donazione cospicua a favore delle associazioni per i diritti umani in Qatar. “Giocare la coppa del mondo è l’obiettivo di una vita. È perché portiamo i suoi colori che siamo profondamente legati al motto del nostro paese, liberté-egalité-fraternité. La nostra passione non può essere causa di dolore per qualcuno. Abbiamo deciso di sostenere le ONG che operano per la protezione dei diritti umani attraverso i fondi di Génération 2018. Il calcio ha una responsabilità da assumersi”.

La manifestazione di dissenso della Germania, che voleva giocare con la fascia arcobaleno al braccio, si è tramutata in gesto e in un’immagine entrata nella storia: al debutto in Qatar i giocatori hanno posato per le foto di rito con una mano sulla bocca, in segno di protesta per essere stati silenziati. “Volevamo usare la fascia da capitano per prendere posizione sui valori in cui crediamo come nazionale tedesca: la diversità e il rispetto reciproco. Vietarci di usare la fascia è come negarci la voce. Restiamo nella nostra posizione” hanno dichiarato poi sul profilo Twitter della nazionale.

Un altro silenzio, ancora più potente e simbolico, è arrivato dai giocatori della nazionale dell’Iran, il paese che sta facendo la rivoluzione ed è stravolto da arresti e repressioni da parte del regime. Per il match di debutto contro l’Inghilterra, i calciatori schierati in campo si sono rifiutati di cantare l’inno nazionale, provocando un fallout di reazioni negative da parte del governo iraniano (e facendo temere per la loro incolumità in caso di rientro in patria). La loro silenziosa protesta è continuata anche con la decisione di indossare felpe nere per gli allenamenti, in segno di lutto per i numerosi morti causati dalla repressione delle manifestazioni.

Altro esemplare gesto è quello dell’italiano Mario Ferri, conosciuto come il Falco, l’invasore di campo che ha interrotto il match Portogallo-Uruguay. Ha attraversato il campo sventolando una bandiera arcobaleno e indossando la maglietta da Superman, con un’invocazione a sostegno dell’Ucraina e al rispetto per le donne in Iran.

 Galles e Inghilterra hanno usato la fascia di capitano «one love» contro le discriminazioni. E la Fifa ha rilanciato con le fasce con messaggi dedicati (e generici) per ogni turno del torneo: da «Football unites the world» a «Save the planet». Sempre prima della partita Iran-Galles, una ragazza con lacrime nere dipinte sul volto ha sollevato una maglietta da gioco con il nome di Mahsa Amini, la giovane iraniana uccisa dalla polizia per una ciocca di capelli che sfuggiva dall’hijab; il numero 22 simboleggia gli anni della ragazza che con la sua morte ha innescato la scintilla della nuova rivoluzione iraniana. La sicurezza dello stadio ha poi intimato alla tifosa di far sparire la maglietta.

Queste manifestazioni di protesta ci hanno fatto riflettere su come molto debba essere fatto per potere vivere in un mondo diverso e su come lo sport continui a svolgere un ruolo fondamentale nell’educazione di determinati valori.

La lotta per il rispetto dei diritti umani è lunga, ma noi ragazzi abbiamo la speranza di poter vivere un giorno in un mondo libero da pregiudizi, violenza, odio, ingiustizie, in un modo in cui siano riconosciuti e garantiti i diritti della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.   

Con quest’articolo vogliamo esprimere il nostro NO a tutte quelle forme di discriminazioni e di non rispetto presenti nel mondo. Purtroppo ci sono ancora troppe ingiustizie e disuguaglianze, ma noi ragazzi dobbiamo fare la differenza attuando quanto impariamo dalle nostre famiglie e dalla scuola.

Alessio Terrasona, Elisa Gagliardi

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