Borsa di Studio “Cesare Gabrielli” – 2016

 

 

 

Disegno vincitore del concorso 2016


I seguenti versi, estrapolati dalla poesia “Ho bisogno di te” di M. Quoist offrono molti spunti di riflessione sull’unicità dell’individuo e sulla gratuità dell’amore:

“Se la nota dicesse: “Non è una nota che fa la musica …” Non ci sarebbero le sinfonie!

Se la parola dicesse: “Non è una parola che può fare una pagina …” Non ci sarebbero i libri! (…)

Se l’uomo dicesse: “Non è un gesto d’amore che può salvare l’umanità …” Non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità, né felicità nella terra degli uomini.

Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota

Come il libro ha bisogno di ogni parola (…)

L’umanità intera ha bisogno di te, là, dove sei, unico, e dunque insostituibile”.


 

Tema n. 3

 

A volte, magari in momenti di noia o silenzio, sorge in mente una strana domanda: “A cosa servo io nel mondo?”. Cerchiamo di inventarci risposte senza senso, che non hanno né capo né piedi, solo per mettere i nostri pensieri a tacere. Questo accade perché nessuno in realtà sa quanto serve per l’umanità, per gli altri, per chi ci circonda. Ogni persona trascura o non considera affatto i piccoli gesti di altruismo che compie ogni giorno, ritenendoli un dovere. Ma, se ci si ripensa, nessuno ci obbliga a compiere quei semplici gesti che, al loro interno, racchiudono del puro amore. Ogni buona azione che compiamo nasce dal profondo della nostra anima, quindi da noi, dal nostro interno. Ci dobbiamo rendere conto che ogni minima cosa, che facciamo verso altre persone a noi vicine, ha un valore inestimabile che non può essere calcolato come cifra numerica. Dobbiamo considerarci come una nota musicale in un componimento, in una sinfonia. Se quella piccola nota non ci fosse, all’udito umano tutto risulterebbe più vuoto, più spento, senza vigore, quasi nullo.

Per esempio, se in quel giorno invernale di due anni fa non avessi stretto la mano di mia nonna, mentre stava scivolando a terra, nella cucina della sua casa, sarebbe caduta rovinosamente rischiando di causarsi gravi danni al corpo e alla salute. Quel gesto mi è venuto d’istinto, mi è balzato in mente non appena l’ho vista in pericolo davanti ai miei occhi. Nel mio cuore è nata come una sorta di necessità di metterla in salvo, proteggerla dal pericolo che le stava improvvisamente venendo addosso. Ho trasformato in un’azione concreta tutto il bene che le voglio, agendo dal profondo del mio cuore, con la volontà di farla stare bene evitando un intoppo che le avrebbe messo i bastoni fra le ruote.

Ci sono persone al mondo che dedicano tutta la loro esistenza, tutta la loro vita agli altri. Un esempio di questo tipo di persona è Cesare Gabrielli, un ragazzo che Dio ha tolto dal mondo troppo presto per averlo al suo fianco. Io però credo che, anche se la sua vita è stata breve, lui abbia vissuto appieno, sfruttando ogni singolo secondo. In vita ha saputo essere altruista e pensare agli altri prima di sé, agendo in modo semplice ma allo stesso tempo concreto e inerente allo scopo.

Molte persone vivono molti anni qui nel mondo, soffermandosi unicamente sul loro “io”, sul loro “essere” invece di entrare con il proprio cuore nei corpi e negli animi altrui. Queste persone non erano a conoscenza della loro rilevanza e hanno buttato al vento il grande dono che Dio ha fatto loro, cioè la vita. Persone come Cesare, invece, o, per fare grandi esempi, madre Teresa di Calcutta e Gandhi hanno usato la vita considerandola un bene molto prezioso. La vera vita è comprendere i bisogni altrui e soddisfarli completamente. Dobbiamo allungare la mano verso chi necessita di un atto di generosità e benevolenza donando tutto quel che abbiamo in grembo.

Concludo dicendo che, come Cesare ha donato le sue cornee ad un non vedente, noi, in vita, dobbiamo donare il nostro amore a chi ha davanti agli occhi solo buio e ombra, perché siamo importanti nei nostri piccoli gesti esattamente come la goccia per il mare, la parola per un libro e la nota per l’intera sinfonia.

 

Desantis Antonio Primo

Classe III A


 

Tema n. 1   classe III B

Offida, 16 maggio 2016

Caro Cesare,

come va lassù? Ti scrivo da qui, da questo mondo, da questa comunità, da cui sei stato strappato via, così presto e così malamente, e che soffre, perché tu te ne sei andato, perché non ci sei più.

Vedere i tuoi genitori raccogliere le forze, nonostante l’atroce dolore che provano per la tua perdita e le lacrime che minacciano di rigare il loro viso, e parlare di te, fieri di ogni singolo gesto che hai fatto e di ogni decisione che hai preso, mi ha fatto commuovere, nonostante io non ti abbia mai conosciuto. Manchi loro tanto. Pensano sempre a te. Non ti hanno dimenticato e vorrebbero soltanto riaverti tra le braccia.

Leggendo delle tue imprese di “ragazzo solidale” si è innescata in me una scintilla di solidarietà, che è diventata una fuoco vivo che arde nel mio cuore.

Qualche anno fa, ho vissuto un’esperienza che mi ha fatto sentire solidale come te. Mia nonna, a causa di una brutta caduta, si è rotta il femore. È stata ricoverata in ospedale e costretta a restare sul letto per un periodo di tempo abbastanza lungo. A stare così ferma ed immobile si annoiava molto e si sentiva scoraggiata, così spesso io la andavo a trovare per tirarle su il morale. Quando mi sedevo accanto a lei e le raccontavo di me, lei sorrideva. Quando la aiutavo a mettersi comoda, lei sorrideva. Quando le facevo dei piccoli favori, così banali, lei sorrideva. E quel sorriso, come dicevi sempre tu, era “il mio attimo di gioia che compensava una vita di dolore”. Allora mi sentivo bene, perché ero consapevole di aver aiutato mia nonna a ritrovare la felicità. Ora come ora, però, avendo ascoltato anche la storia della vita di Mattia Peroni, un giovane volontario come te, mi pongo delle domande: è vero, sono riuscita ad aiutare mia nonna quando era in difficoltà, ma, semmai dovessi avere l’onore di salire su uno di quei treni bianchi verso Lourdes, avrò la stessa grinta? O avrò paura? Sarò capace di aiutare persone che non conosco ma che hanno così bisogno di me? Avrò la stessa tenacia di Mattia? Sinceramente … non lo so. Ma ti prometto che mi impegnerò. Dovesse costare fatica, sacrificio, tanto tempo. Ti giuro che riuscirò a far svanire tutti questi dubbi e a raggiungere il mio obiettivo: donare amore e felicità a chi ne ha bisogno, diventando come te. Perché, come dice lo scrittore Michel Quoist, “l’umanità ha bisogno di te”, di persone come te, uniche, grandi di spirito, coraggiose, tenaci, solidali, disposte a tutto pur di rendere felice il prossimo, restituendo un sorriso sul volto degli afflitti, speranza agli scoraggiati, fede ai poveri di spirito, senza pretendere niente in cambio, perché in fondo quel sorriso ritrovato, quell’amore donato è la loro più grande ricompensa. Solo loro possono salvare il mondo dalla tristezza e dalla cattiveria. E nessun uomo dovrebbe pensare che un suo piccolo gesto solidale non valga nulla, perché da ogni gesto si ottiene un grande risultato.

Purtroppo come gli alberi con il legno più pregiato sono i primi ad essere tagliati, anche le persone con il cuore più grande sono le prime ad andarsene. E il tuo cuore era veramente grande. Lo si capisce dal fatto che tu sia riuscito a “vedere oltre i tuoi limiti” e a capire a pieno il significato dell’amore gratuito e della solidarietà.

Spero che io riesca a seguire il tuo esempio e a diventare unica come te.

Con affetto.                                                                                       Francesca

 

 

 

 

 

 

 

 

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